sabato 11 marzo 2017

Mine di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, film di guerra/thriller e dramma esistenziale di un soldato alle prese con una mina non ancora scoppiata, in attesa di soccorsi. Una co-produzione (Italia-Spagna-Stati Uniti) per un film che cade sui contenuti. Ottima la regia. #DavidDiDonatello

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film italiano diretto da due giovani autori. Presentato come una sorta di miracolo, ha molte buone cose: in particolare la regia. Altre cose però sarebbero da rivedere (soprattutto i contenuti, la storia in sé).
Mi riferisco a Mine di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro.
Ecco la recensione:






Mine di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro (Fabio&Fabio) del 2016. Con Armie Hammer, Annabelle Wallis, Tom Cullen, Clint Dyer, Geoff Bell, Juliet Aubrey. (106 min. ca.)
Mike Stevens (Hammer) e Tommy Madison (Cullen) sono due soldati in missione in Afghanistan. Stanno tornando al campo base, quando, in pieno deserto il secondo morirà dopo lo scoppio di una mina antiuomo. Il primo invece metterà inavvertitamente il piede sopra un'altra mina senza innescarla. Dovrà attendere i soccorsi che, per cause di forza maggiore, tarderanno ad arrivare.








Film italiano (ma in realtà una co-produzione Italia-Spagna-Stati Uniti) di guerra/thriller e dramma esistenziale di un uomo.
Sì, perché la mina è solo un espediente per parlare del passato del protagonista. Un passato di violenza, sofferenza ed indecisione nei rapporti.
Il tutto con dei flashback (che poi sarebbero le allucinazioni/miraggi) che rendono lo spettatore partecipe e sempre in bilico tra reale e immagini create dalla mente stanca di Mike, per l'appunto. Interessante sul piano visivo e con una regia attenta, consapevole e creativa (certi movimenti di macchina sono stupendi, certe inquadrature in soggettiva altrettanto), con un montaggio altrettanto efficace, pecca dal punto di vista della trama: a volte ridondante, altre volte finta e soprattutto tanto, troppo retorica (l'americano eroe indistruttibile).
La storia personale è infarcita di luoghi comuni. Però funziona sul piano simbolico e metaforico. Il fare un passo avanti (che è un vero e proprio click mentale), il mettersi in ginocchio con riconoscenza.
Gli attori sono validi: non così famosi, ma il tanto che basta. Armie Hammer lo si può ricordare per J. Edgar di Eastwood, Tom Cullen, tra le altre cose, per Downton Abbey. Tutti e due sembrano davvero impegnarsi nei rispettivi ruoli. Peccato che il doppiaggio li penalizzi pesantemente: troppo artefatto, quasi parodistico. Ciò si ripercuote anche sul personaggio del beduino, il quale diventa addirittura insopportabile (anche se, almeno inizialmente, è l'effetto che deve fare anche a Mike).
Un film interessante e qualcosa di diverso pensato e diretto da due italiani: un plauso al coraggio. All'aver pensato di proporre qualcosa di internazionale, pur rimanendo in piccolo, con pochi elementi.
Tutto infatti è giocato sulla tensione, sulla fragilità (anche fisica, con la stanchezza) del protagonista. Riesce a coinvolgere, a tenere col fiato sospeso.
Il finale tuttavia è un po' deludente e si rivela fondamentalmente un tranello anche per lo spettatore. Tutto sommato però va bene così.
Non il capolavoro elogiato da molti, ma sicuramente un prodotto piacevole.
Da vedere. Consigliato.


Voto: **1/2/*** (Per il progetto in sé più che per il risultato)






 Il trailer:






Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











 
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