venerdì 30 settembre 2016

Fuocoammare di Gianfranco Rosi, documentario (anzi, docu-film), che racconta la realtà di Lampedusa fra pescatori e immigrati, con lucidità e senza fronzoli. Davvero di impatto

Oggi vi voglio parlare di un documentario. Un documentario che ha fatto e sta facendo discutere.
Mi riferisco a Fuocoammare di Gianfranco Rosi.
Ecco la recensione:






Fuocoammare di Gianfranco Rosi del 2016. Con Pietro Bartolo, Samuele Caruana, Maria Costa, Mattias Cucina, Giuseppe Fragapane, Francesco Mannino, Francesco Paterna, Samuele Pucillo, Maria Signorello. (114 min. ca.)
Lampedusa. Una famiglia di pescatori e gli immigrati che arrivano allo stremo delle forze con i barconi. Due realtà, due tipi di povertà. 










Documentario - già vincitore dell'Orso d'Oro a Berlino, che ha fatto tanto chiacchierare in questi giorni perché, se tutto andrà bene, verrà presentato agli Oscar per il Miglior Film Straniero e non come Miglior Documentario, che riesce a raccontare con semplicità e senza sovrastrutture la vita a Lampedusa. 
Ha fatto scalpore per via di scene crude con cadaveri e persone in evidente pericolo di vita. Effettivamente, l'indugiare su certe immagini potrebbe risultare disturbante, eppure non sembra mai una cosa gratuita. 
Tenere invece le scene del piccolo Samuele e quelle del dott. Bartolo, che aiuta come può quelle povere persone. Bravissimi tuti gli attori non professionisti. 
Un documentario molto ispirato, un docu-film si può dire, in cui non solo i contenuti sono importanti, ma anche la forma, lo stile. 
Dal ritmo sempre teso ha anche una sceneggiatura molto più solida rispetto al pur bello Sacro Gra*: non gira attorno alle questioni, le prende di petto. Istruttivo (fa pensare), interessante e coinvolgente. Di sicuro rimane impresso.
Da vedere assolutamente. Consigliatissimo. 


Voto: ***1/2






Il trailer:







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giovedì 29 settembre 2016

Birdy - Le ali della libertà di Alan Parker, film drammatico che ben racconta il trauma dei reduci della guerra nel Vietnam usando la bizzarria del protagonista come metafora. Ottimi i due attori Matthew Modine e Nicolas Cage

Oggi vi voglio parlare di un film di parecchi anni fa. Un film di un regista molto apprezzato e considerato. Un film particolare, che dal titolo può essere confuso con un altro cult.
Mi riferisco a Birdy - Le ali della libertà di Alan Parker.
Ecco la recensione:






Birdy - Le ali della libertà (Birdy) di Alan Parker del 1984. Con Matthew Modine, Nicolas Cage, John Harkins, Sandy Baron, Karen Young, Bruno Kirby, Nancy Fish, George Buck, Dolores Sage, Robert L. Ryan, James Santini. (113 min. ca.)
Al Columbato (Cage) è un reduce della guerra nel Vietnam che, dopo un'esplosione di una bomba è rimasto bruciato e sfigurato al volto, ora coperto di bende. Dovrà urgentemente andare a trovare il suo vecchio amico Birdy (Modine), ricoverato in un ospedale psichiatrico ammutolito, catatonico, sotto shock. In realtà aveva sempre mostrato un certo squilibrio mentale data la sua fissazione per gli uccelli e l'intenzione di voler volare come loro. Al farà di tutto per farlo reagire. Forse ci riuscirà... 











Film drammatico tratto dal romanzo omonimo di William Wharton che ben riesce a descrivere sia la sindrome post-traumatica dovuta che la bizzarria del protagonista ed, insieme, raccontare un'amicizia vera. 
Alan Parker, come al solito, riesce ad utilizzare un linguaggio e dei toni comprensibili, pur tuttavia mantenendo uno stile asciutto e crudo (con l'alternarsi di immagini surreali, oniriche). Alcune scene fanno rabbrividire addirittura per l'impatto. 
I due protagonisti sono bravissimi. Su tutti un Nicolas Cage giovanissimo ma realmente in parte: intenso e appassionato (e sdentato). Davvero una bella performance. Bravo anche Matthew Modine che gioca di sottrazione, risultando credibile e tenero. 
Ottime le ambientazioni e le musiche composte da Peter Gabriel (più l'aggiunta di alcune belle canzoni. Ad esempio due di Richie Valens: La Bamba - che si sente anche nei titoli di coda - e Come On, Let's Go), impeccabili i flashback e il montaggio. 
La trama probabilmente si perde a tre quarti e il finale aperto a più interpretazioni risulta un po' forzato. Ma ciò non inficia la qualità dell'opera in sé, soltanto la rende meno solida. 
Vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes, è un film che sicuramente di fa ricordare. Da vedere. Consigliatissimo. 


Voto: ***/***1/2






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mercoledì 28 settembre 2016

La ragazza di Nashville di Michael Apted, film biografico che ripercorre la vita della cantautrice country Loretta Lynn dall'adolescenza al successo. Piuttosto convenzionale, con una brava protagonista, Sissy Spacek, vincitrice dell'Oscar per questo ruolo

Oggi vi voglio parlare di un film di parecchi anni fa. Un film biografico piuttosto piatto, con una brava protagonista.
Mi riferisco a La ragazza di Nashville di Michael Apted.
Ecco la recensione:





La ragazza di Nashville (Coal Miner's Daughter) di Michael Apted del 1980. Con Sissy Spacek, Tommy Lee Jones, Levon Helm, Phyllis Boyens, Beverly D'Angelo, Bob Hannah, William Sanderson. (125 min. ca.)
La storia della cantautrice country Loretta Lynn (Spacek), figlia di un minatore, dall'adolescenza, periodo in cui conosce Doo (Jones) e con il quale si sposa subito (a quattordici anni) e avrà dei bambini. Vita da casalinga insoddisfatta, fino alla scoperta del talento canoro e dalla composizione. E poi il successo... 




















Film biografico che ha per protagonista assoluta una Sissy Spacek immedesimata nel ruolo e che canta veramente. 
Ottimo lavoro anche sull'accento del Kentucky e sul cambiamento da donna abituata alla monotonia a persona con dei doveri verso il pubblico e sempre in tour. Ha vinto l'Oscar. Meritato, ma non del tutto forse, visto che due sue "rivali" erano Gena Rowlands per Una notted'estate (Gloria) e Mary Tyler Moore per Gente comune*, ma qui si parla di una vicenda convenzionale, dell'american way of life che tanto piace all'Academy (e poi il country è un genere molto considerato e la stessa Lynn ha avuto importanza negli Stati Uniti come artista, tanto che Altman cinque anni prima si era ispirato a lei per un personaggio della sua pellicola capolavoro Nashville, per l'appunto). 
La sceneggiatura è funzionale, la regia è molto fluida: riesce a mostrare le varie tappe senza troppe lungaggini e spiegazioni, con le giuste transizioni. Parla di una donna che, nonostante la fama, è sempre rimasta se stessa. 
Uno dei difetti più evidenti è che riesce ad ingranare solo verso la metà e comunque rimane piuttosto piatto. Bella l'ambientazione che mostra la povertà e la semplicità della Lynn e della sua famiglia. Ottima la caratterizzazione del personaggio di Doo, interpretato da un Tommy Lee Jones sempre in forma. Bravina Beverly D'Angelo nel ruolo della cantante Patsy Cline (anche lei esegue davvero dei brani). 
Un film un po' malinconico che lo spettatore può apprezzare - per forza di cose - solo in parte. 
Da vedere per curiosità. Consigliato. (Il titolo originale è anche il titolo della canzone omonima Coal Miner's Daughter che aveva scalato le classifiche nel 1976). 

*Mia recensione
Voto: **1/2 







Il trailer:






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martedì 27 settembre 2016

La regina Cristina di Rouben Mamoulian, film storico-biografico/sentimentale, scritto e diretto magistralmente, con una Greta Garbo protagonista assoluta: espressiva, ambigua, appassionata. Un piccolo capolavoro

Oggi vi voglio parlare di un film di molti, moltissimi anni fa. Un classico ma anche un vero capolavoro, scritto, diretto ed interpretato magistralmente.
Mi riferisco a La regina Cristina di Rouben Mamoulian.
Ecco la recensione:





La regina Cristina (Queen Cristina) di Rouben Mamoulian del 1933. Con Greta Garbo, John Gilbert, Ian Keith, Lewis Stone, Elizabeth Young, C. Aubrey Smith, Reginald Owen, Georges Renavent, David Torrence, Gustav von Seyffertitz, Ferdinand Munier, Paul Hurst, Bodil Rosing, Akim Tamiroff. (100 min. ca.)
La regina Cristina di Svezia (Garbo), insediatasi da piccola sul trono e impegnatissima nella politica e con una guerra da fermare, non pensa neanche lontanamente a sposarsi, anzi, deride le svenevolezze. Un giorno, costretta a soggiornare in una locanda per una bufera di neve, deve dividere la stanza - anzi, il letto - con Antonio (Gilbert), un delegato spagnolo. Si innamorano, ma dovranno decidere tra la loro felicità e i doveri delle cariche pubbliche. 















  
Film storico-biografico/sentimentale scritto e diretto in modo impeccabile (per l'epoca poi). 
Le vicende si snodano chiaramente, senza intoppi, con un clima quasi da commedia. 
La regia è solida: Mamoulian sa dirigere gli attori (e anche le scene di massa, con stupende carrellate), sa coglierne gli sguardi, le espressioni, avvicinando la macchina da presa quasi come una zoomata, sa sfruttare gli ambienti sia esterni che interni. Anche il montaggio è ottimo. 
Il cast è perfetto. Ovviamente spicca su tutti la Divina Greta Garbo, qui più bella che mai: intensa, molto naturale, simpatica e accattivante. I suoi primi piani (come quello finale) sono bellezza e talento messi assieme. Incantevole. 
Un film perfetto da più punti di vista e davvero audace per dialoghi e scene (la ragazza della locanda che si "propone" quasi apertamente ai due forestieri. La protagonista che si fa passare per un uomo ed è ambigua. La stessa ambiguità viene usata - senza battere ciglio - nel mostrare il primo bacio saffico, a stampo, della storia, tra Cristina e la sua dama di corte Ebbe (Young)), situazioni, fino al più classico e struggente (ma misurato, meno patetico di quanto avrebbe potuto essere) finale. 
Ritmato e coinvolgente. Magnifico, incantevole. 
Un piccolo capolavoro. 
Da vedere assolutamente. Consigliatissimo.


Voto: ****1/2












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