lunedì 20 giugno 2016

In un mondo migliore di Susanne Bier, drammone tra amicizia, bullismo, rapporti familiari che si sfasciano. Un film delicato scritto e diretto con sensibilità. Bravissimi gli attori

Oggi vi voglio parlare di un film di pochi anni fa. Un film che ha ricevuto molti riconoscimenti e che è riuscito a parlare di temi importanti con molta sensibilità.
Mi riferisco a In un mondo migliore di Susanne Bier.
Ecco la recensione:





In un mondo migliore (Hævnen) di Susanne Bier del 2010. Con Mikael Persbrandt, Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, William Jøhnk Nielsen, Markus Rygaard. (119 min. ca.)
Christian (Nielsen) è un ragazzino che ha appena perso la madre dopo una lunga malattia e che se ne va a vivere dalla nonna in Danimarca insieme al padre. Inizia a frequentare una nuova scuola e lì conosce Elias (Rygaard), un ragazzino vittima di bullismo con due genitori medici (suo padre è chirurgo in missione umanitaria in Africa). I due fanno subito amicizia ed Elias crede che Christian possa essere sempre dalla sua parte, diverso dai bulli che non lo lasciano in pace. Eppure quest'ultimo ha una rabbia malsana e repressa per via degli eventi che l'hanno scosso e lo trascinerà in alcune situazioni pericolose e spiacevoli. 













Drammone solido scritto da Anders Thomas Jensen (regista de Le mele di Adamo*) e vincitore sia del Golden Globe che dell'Oscar per il Miglior Film Straniero
Ed in effetti è una pellicola valida, che fa riflettere sui vari tipi di violenza, che parla di perdono e di sensi di colpa. 
Tutte emozioni portate in scena in modo impeccabile soprattutto dai due giovani attori, davvero in gamba, espressivi e mai sopra le righe (in particolare William Jøhnk Nielsen). Fantastici anche gli adulti (che hanno lavorato con fior fior di registi e con poco riescono a fare molto). Sembra quasi impossibile sia stato diretto dalla stessa regista di Una folle passione*, polpettone artificioso e imbarazzante, con la coppia Lawrence-Cooper che interpretano due personaggi mal caratterizzati, bidimensionali. 
Qui invece la Bier dimostra di saper bilanciare i toni, riuscendo a toccare tematiche importanti e delicate con sensibilità e misura. Misura che si va a perdere, in alcuni punti, dalla retorica facile (seppur inevitabile). 
Inoltre potrebbe risultare strappalacrime (ed in effetti qualche colpo basso è presente, tuttavia la freddezza tipica svedese/danese riesce a stemperare questo difetto). 
Nonostante ciò è un film che sa approfondire la psicologia dei protagonisti (ottima rappresentazione dell'elaborazione del lutto). 
Struggente, tristissimo con disgrazie e problemi su problemi che si accavallano, ma molto coinvolgente e con parecchie scene azzeccate. 
Da vedere. Consigliatissimo. 

*Mie recensioni
Voto: ***/***1/2







Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?










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