mercoledì 9 marzo 2016

London River di Rachid Bouchareb, dramma di due genitori apparentemente diversi fra loro all'ombra dell'attentato londinese del 2005. Un film che riesce a parlare di pregiudizi e di razzismo senza essere sfacciato. Due grandi interpretazioni dei protagonisti

Oggi vi voglio parlare di un film di pochi anni fa. Un film toccante e realistico con due bravissimi protagonisti.
Mi riferisco a London River di Rachid Bouchareb.
Ecco la recensione:





London River di Rachid Bouchareb del 2009. Con Brenda Blethyn, Sotigui Kouyaté, Francis Magee, Sami Bouajila, Roschdy Zem. (87 min. ca.)
Elisabeth (Blethyn), è una donna di mezza età che vive sola - il marito è morto nella guerra delle Falkland e la figlia Jane studia a Londra - nell'isola di Guernsey, dove porta avanti una fattoria. È il 7 luglio del 2005, giorno dell'attentato terroristico a Londra. Preoccupata per la figlia, la contatta più volte non avendo risposta. Così si reca personalmente a Londra per avere notizie. Conoscerà Ousmane (Kouyaté), una guardia forestale in Francia di origine africana, anche lui in cerca di suo figlio Alì che presumibilmente era legato da un legame amoroso proprio con Jane. Dopo una prima forte diffidenza, si faranno forza per affrontare gli avvenimenti che si succedono e tutto l'iter per riuscire a trovare, in un modo o nell'altro, i due ragazzi e finiranno col comprendersi. 














Film drammatico dai toni molto pacati, ma anche molto duro, asciutto, senza fronzoli, che riesce a parlare in modo semplice e mai sfacciato di integrazione, pregiudizi e razzismo. 
Pregiudizi, che tutti e due i personaggi avevano nei confronti l'uno dell'altra, nei confronti anche dei loro due figli (il fatto che poi stessero studiando l'arabo e che frequentassero la moschea aveva accentuato questa ritrosia). 
Ma è soprattutto Elisabeth che in un primo tempo non riesce neppure a guardare e nemmeno a stringere la mano ad Ousmane, mentre quest'ultimo - forse abituato ad essere malvisto, anche per i suoi capelli lunghi rasta e ovviamente il colore della sua pelle - accetta tutto, soffrendo ma senza darlo a vedere. Eppure sono tutti e due uguali nelle loro esperienze, nel loro essere genitori soli. 
Tutto ciò viene messo in scena perfettamente dal regista, ma soprattutto dai due sorprendenti protagonisti: una Brenda Blethyn in parte nel ruolo di donna semplice e sofferente, ma soprattutto credibile nel ruolo di questa tenera madre disperata per la figlia, che piange e si strugge. Un'interpretazione dolente e intensa, che coniuga espressività e un senso della misura nonostante i momenti più toccanti. Davvero da applausi. Sotigui Kouyaté riesce con poco a fare molto: basta un primo piano sui suoi occhi profondi e scuri e sulla sua figura un po' malferma che già si ha il suo personaggio ben definito. Anche per lui una performance misurata e convincente (tra l'altro ha vinto l'Orso d'Argento a Berlino). 
Fotografia fredda abbinata al clima londinese, un senso di malinconia costante dall'inizio alla fine che non molla lo spettatore, una narrazione realistica anche nei tempi, pur riuscendo ad andare subito al dunque e a non perdersi in prolissità. 
Prendere un fatto veramente accaduto per poi costruirci una storia del tutto originale senza che il risultato sia un insulto per una vicenda così grave e senza apparire finto, è quasi un miracolo. Merito, di nuovo, del regista - anche sceneggiatore -, che con polso riesce a dosare gli ingredienti. 
Un film che seppur commovente pare sincero, riuscendo a trattare tematiche importanti senza cadere nella retorica. Da vedere. Consigliatissimo. 


Voto: ***1/2









Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











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