giovedì 31 dicembre 2015

Il passato di Asghar Farhadi, dramma di rapporti umani e familiari che si sgretolano e vengono ritrovati. Emozionante senza mai essere ricattatorio, sempre lucido ed incisivo. Con un cast perfetto. Un gioiellino

Ultima recensione dell'anno! E non potevo scegliere film migliore per titolo e bellezza. Sì, il film di cui vi voglio parlare è piuttosto recente, iraniano, di un grande autore. Un film solido, coinvolgente, mai ricattatorio. Un vero gioiello.
Mi riferisco a Il passato di Asghar Farhadi.
Ecco la recensione:






Il passato (Le passé) di Asghar Farhadi del 2013. Con Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Pauline Burlet, Jeanne Jestin, Elyes Aguis, Sabrina Ouazani, Babak Karimi, Valeria Cavalli, Eleonora Marino. (130 min. ca.)
Marie (Bejo) e Ahmad (Mosaffa) stanno per divorziare. Quest'ultimo torna appositamente a Parigi per firmare la carta del divorzio. E si ritrova ospite in casa della donna, con le due figlie (da due altri diversi matrimoni) e il figlio del nuovo compagno Samir (Rahim), la cui (non ancora) ex moglie è in coma dopo un tentativo di suicidio, forse per colpa della loro relazione. Tutti dovranno fare i conti con il passato per rimettere le cose a posto e andare avanti. Oppure no. 















Grande pellicola drammatica iraniana molto asciutta - ma non fredda e distaccata - e soprattutto realistica nel mostrare la realtà quotidiana di una "famiglia" non convenzionale. 
Ahmad è forse lo stesso Farhadi, è il suo sguardo ad un'Europa forse più libera nei rapporti personali ma anche un po' superficiale nelle cose serie. 
Corale, dagli intrecci per niente scontati, è (come lo era Una separazione*) un vero e proprio puzzle, nel quale i fatti vengono ricostruiti, le verità vengono riportate alla luce con un'intelligenza e una lucidità incredibili. 
Ed un ritmo costante, pieno di piccoli indizi che spuntano da dietro l'angolo e fanno incuriosire sempre di più. Un plauso agli attori. Se Bérénice Bejo promette già bene sulla carta, sono tutti gli altri ad essere altrettanto (se non di più) straordinari. Tahar Rahim - che abbiamo potuto rivedere recentemente in Samba* con Omar Sy in un ruolo più giocoso e brillante - qui incarna benissimo un ragazzo ambiguo, quasi detestabile all'inizio della storia, ma che mano a mano, quando si riesce a capire la motivazione dei suoi modi di fare un po' bruschi, diventa perfino piacevole (perché ricco di sfumature). Ali Mosaffa è bravo come lo era stato Peyman Moaadi: recitazione essenziale e credibile. Ma davvero tutti, perfino i bambini e la giovanissima Pauline Burlet, riescono a non essere leziosi e totalmente immersi nel ruolo. 
Alcune scene sono veramente toccanti (quella con Samir e il figlio Fouad in metro, ad esempio) senza usare colpi bassi, senza espedienti strappalacrime. 
Regia di polso, scrittura perfetta (sempre di Asghar Farhadi). 
Un film equilibrato ma al contempo emozionante, mai banale e davvero impeccabile. Una perla. 
Da vedere assolutamente. Consigliatissimo.


*Mie recensioni
Voto: ****







Il trailer:









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martedì 29 dicembre 2015

Gli amanti del Pont-Neuf di Leos Carax, film drammatico/sentimentale non convenzionale, ispirato, crudo, coinvolgente. Con due attori eccellenti (Juliette Binoche e Denis Lavant) ad intepretare dei protagonisti particolari e fragili

Oggi vi voglio parlare di un film di qualche anno fa. Un film francese molto ispirato ed emotivamente di impatto. Con due bravissimi protagonisti.
Mi riferisco a Gli amanti del Pont-Neuf di Leos Carax.
Ecco la recensione:






Gli amanti del Pont-Neuf (Les Amants du Pont-Neuf) di Leos Carax del 1991. Con Juliette Binoche, Denis Lavant, Klaus-Michael Grüber. (125 min. ca.)
Parigi, 1989. Sul Pont-Neuf - in ricostruzione - Alex (Lavant), un clochard che si guadagna da vivere come sputatore di fuoco e Michèle Stalens (Binoche), una studentessa d'arte affetta da una rara malattia agli occhi che la sta portando alla cecità scappata di casa e che ora vive per strada, si incontrano. A fare da "mediatore" Hans (Grüber), un altro clochard, di mezza età. L'amore dei due sembra impossibile, travagliato per le condizioni disastrose in cui si trovano. Eppure trovano la forza per andare avanti. 
























Pellicola sentimentale/drammatica dalla lavorazione travagliata (set spostato, sforamento di budget e annullamento di accordi per la ricostruzione del ponte, l'infortunio di Denis Lavant che ha causato il tutto e ha fatto posticipare le riprese per quasi un anno) che racconta la storia di un amore più forte delle avversità. 
Nessuno ci avrebbe scommesso nulla, lo spettatore stesso rimane incredulo a guardare le vicende di questi ultimi, spostati e sfortunati che hanno bisogno soltanto di qualcuno a cui aggrapparsi, Sofferenza, stupore, vitalità e una Parigi postmoderna decadente. 
Molte scene e inquadrature riescono a dare un senso al tutto anche senza troppo dialogo (ma che, quando viene usato, sfodera delle perle sublimi). 
La fotografia è spettacolare e i toni surreali/visionari e lirici fanno il resto. 
L'alternanza poi di momenti crudissimi e realistici (della vita in povertà, del carcere, della forma fisica non proprio brillante - per usare un eufemismo - dei protagonisti) a momenti di una tenerezza disarmante, provocano un effetto strano di repulsione mista ad un coinvolgimento totale. 
La sceneggiatura (dello stesso Carax) e la regia sono ispirate, coerenti, originali, piene di invenzioni. 
Se alcune soluzioni appaiono gratuite, ecco che arriva una successiva ripresa. 
E i due attori sono perfetti e credibili (sembrano senza filtri). Juliette Binoche imbruttita e malandata nel suo handicap, regala un'interpretazione straordinaria, toccante, vera, così come quella di Denis Lavant, così goffo ma adorabile nella sua inquietudine e dipendenza. 
Sì, è un film che parla di dipendenza amorosa ma anche di un amore vero, di due anime sole che si trovano. E quando il cinema sa raccontarlo in questo modo, il risultato è un gioiellino. 
Toccante, appassionante, vibrante, straniante, passionale, romantico, solo all'apparenza deprimente. 
Tutto funziona, anche la colonna sonora. 
Da vedere assolutamente. Consigliatissimo. 

"Qualcuno vi ama.
Se amate qualcuno domani gli direte:
«Il cielo è bianco oggi».
Se sono io risponderò:
«Ma le nuvole sono nere».
Così sapremo che ci si ama".

"Le persone che si sognano di notte bisognerebbe chiamarle la mattina, al risveglio. La vita sarebbe più semplice. 'Ciao, ti ho sognato stanotte. È l'amore che mi ha svegliato'".


Voto: ****






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domenica 27 dicembre 2015

Juninatten di Per Lindberg, commedia drammatica un po' patetica e telefonata con qualche rimando sociale-morale. Ultimo film svedese di Ingrid Bergman

Oggi vi voglio parlare di un film di moltissimi anni fa. Un film svedese, l'ultimo film svedese di Ingrid Bergman prima di far fortuna definitivamente in America.
Mi riferisco a Juninatten di Per Lindberg.
Ecco la recensione:




Juninatten di Per Lindberg del 1940. Con Ingrid Bergman, Marianne Löfgren, Lill-Tollie Zellman, Marianne Aminoff, Olof Widgren, Gunnar Sjöberg, Gabriel Alw. Svezia. Kerstin Norbäc (Bergman) vive in una piccola città. Quando durante una lite l'amante le spara facendola quasi morire, la ragazza viene presa di mira dai giornali (che la dipingono come una poco di buono) e dai pettegolezzi. Si trasferisce allora a Stoccolma, dove va a vivere insieme a tre ragazze. Anche lì le notizie girano ma forse potrà trovare la felicità (con il fidanzato della sua coinquilina e amica). 









Ultimo film svedese di Ingrid Bergman (aveva già lavorato a Hollywood per il remake di Intermezzo) prima della gloria in America. Interessante per l'argomento del gossip, della calunnia e del cattivo giornalismo, moderno per alcune scene (dal dottore), risulta patetico e telefonato nella costruzione della vicenda tra la protagonista, l'amante pazzo e il fidanzato della sua amica. 
Ricalca comunque gli standard di certe commediole drammatiche pseudo-sociali americane di quegli anni. Ingrid Bergman ovviamente spicca su tutto e tutti, con quel misto di innocenza e ambigiutà, per la spregiudicatezza e sensualità. Doti innate per un personaggio che, se pur adesso la mentalità è cambiata, si fa comunque detestare (però bisogna sottolineare che tutti sono irritanti per una cosa o per l'altra. 
È proprio la loro caratterizzazione e la sceneggiatura in sé a renderli così). 
Non la sua migliore interpretazione, ma si impegna, è evidente. 
Anche la regia è altalenante, ma ha qualche buon momento. 
Da vedere per curiosità. Consigliato.


Voto: **1/2







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