mercoledì 21 ottobre 2015

Io sono Ingrid di Stig Björkman, documentario che offre un ritratto intimo, familiare e onesto di una delle più grandi dive e attrici di tutti i tempi: Ingrid Bergman

Oggi vi voglio parlare di un documentario che è rimasto in programmazione solo due giorni (il 19 e il 20 ottobre) come evento speciale. Un documentario particolare, dedicato ad una delle più grandi dive e attrici del cinema.
Mi riferisco a Io sono Ingrid di Stig Björkman.
Ecco la recensione:




Io sono Ingrid (Jag är Ingrid) di Stig Björkman del 2015. Con Jeanine Basinger, Pia Lindström, Fiorella Mariani, Isabella Rossellini, Isotta Rossellini. (114 min. ca.)
Ingrid Bergman, un'attrice che non ha bisogno di presentazioni né di più di tante biografie.
Questo documentario non vuole essere una biografia. O almeno non solo, non in senso stretto. Non è il classico documentario freddo, seppur vengano rispettati degli schemi e un ordine cronologico per raccontare i punti salienti della sua vita.
È più un omaggio, un ricordo dei figli (soprattutto della sua prediletta - nonché somigliantissima - Isabella Rossellini).
Un tributo ad una donna che è stata madre e soprattutto personaggio criticato - addirittura persona non grata - dopo la sua unione con il regista Roberto Rossellini da cui ha avuto appunto tre figli: il primo, Roberto (detto anche Robertino) e le gemelle Isabella e Isotta. E il conseguente abbandono "parziale" della figlia Pia, avuta dal primo marito, che anche in questa occasione, nonostante l'amore che ancora prova, non si lascia sfuggire qualche frecciatina su come per lei non sia stata poi un'ottima madre perché poco presente, sempre pronta a sfuggire di qua e di là.
Il punto è che la Bergman era una vera e propria artista, una donna intelligente, anticonvenzionale e consapevole delle proprie possibilità, delle proprie capacità (ed anche dei limiti. Come l'incapacità - anche per via della formazione americana - di improvvisazione, diceva lei. Come se recitare con una gamba ingessata a teatro per mesi per non far cancellare la tournée non fosse improvvisare...). Un animale da palcoscenico e una persona che, nonostante la grande timidezza (abbassava sempre lo sguardo, particolare rilevante), aveva bisogno di stare libera e di esprimersi attraverso la recitazione.
E molto ironica e lucida.
Tutto ciò viene sottolineato dagli stralci di interviste e qualche traccia audio radiofonica con l'attrice svedese che con molta sincerità non si nasconde, non si lascia impaurire dalla stampa e da domande un po' personali.
Comunque non si va mai troppo in là, non viene mai mostrato niente di sconveniente, non vengono usati toni polemici.
Il ritratto viene realizzato soprattutto attraverso un collage di frammenti dei filmini amatoriali che lei stessa era solita fare a tutto e a tutti (perfino ad Hitchcock, anche se i soggetti preferiti erano i figli) alternati a qualche piccolissimo aneddoto dei figli - per l'appunto - e alla lettura (molto telefonata) del suo diario (in originale la voce è di Alicia Vikander).
Unico istante al di fuori del contesto familiare è la breve intervista a Sigourney Weaver e a Liv Ullmann. La prima aveva lavorato con lei in uno spettacolo teatrale e la ricorda come una persona gentile, per niente arrogante e con una grazia ed eleganza - nonostante l'altezza - da prendere d'esempio.
La seconda la rammenta quando avevano lavorato insieme in Sinfonia d'autunno di Ingmar Bergman: della testardaggine nel voler fare a modo suo e come invece il Maestro la rimettesse a posto. In maniera bonaria. E i filmati del dietro le quinte mostravano momenti di discussioni e confronto ma altrettanti molto distesi e ricchi di risate (nonostante lei stesse già male). Un film quello, quasi biografico per le vicende di questa madre artista poco presente nella vita della figlia.
Ripetizioni, curiosità neanche troppo sconosciute.
Sicuramente i veri ammiratori di Ingrid Bergman che hanno letto la sua meravigliosa e divertente autobiografia La mia storia (come la sottoscritta) sapranno già tutto e anche di più e avranno già appurato quanto sia stata una donna appassionata, dedita al suo lavoro (che sentiva come una necessità), spiritosa, autoironica.
Ma non importa. È un documentario affettuoso. L'amore dei suoi cari si sente e viene percepito anche dallo spettatore che pare essere entrato in una dimensione familiare, intima, per pochi. Cosa importantissima in un genere solitamente troppo a compartimenti stagni e rigoroso.
Non è perfetto cinematograficamente parlando, né per il montaggio e neanche per la costruzione degli eventi. Stig Björkman ogni tanto perde il controllo delle cose (non l'obiettivo).
Eppure prende e dispiace finisca.
Perché diciamocelo, Ingrid Bergman è ancora nell'immaginario collettivo (anche per i suoi lavori, certo) e il suo carisma, il suo splendido sorriso abbagliante e spontaneo, i suoi occhi vispi e dolci mancano a tutti gli appassionati di cinema e il vederla ancora (o per la prima volta) sul grande schermo riempie di gioia.
Belle ed efficaci - come al solito - le musiche di Michael Nyman.
Da vedere (ormai in DVD). Consigliato.


Voto: ***



















Il trailer:







Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata

Nessun commento:

Posta un commento