sabato 3 ottobre 2015

Fair Game - Caccia alla spia di Doug Liman, film di spionaggio/azione ispirato ad una storia vera. Purtroppo è soltanto ispirato e il nobile intento di raccontare una vicenda grave e interessante viene sminuito dalla fattura, dal taglio banale e di genere (e non riesce a superarne il limite). I bravi protagonisti non bastano

Oggi vi voglio parlare di un film abbastanza recente. Un film di spionaggio/biografico/di azione con due bravi attori che possono poco quando tutto è confuso.
Mi riferisco a Fair Game - Caccia alla spia di Doug Liman.
Ecco la recensione:





Fair Game - Caccia alla spia (Fair Game) di Doug Liman del 2010. Con Naomi Watts, Sean Penn, Sam Shepard, David Andrews, Noah Emmerich, Michael Kelly, Bruce McGill, Brooke Smith, Tim Griffin, Ty Burrell, David Denman. (104 min. ca.)
La vita di Valerie Plame (Watts), agente della CIA sotto copertura e del marito Joe Wilson (Penn) viene distrutta quando fanno luce sulla presunta presenza di armi di distruzioni di massa in Iraq: motivazione che ha fatto iniziare la guerra. Dovranno lottare contro tutto e tutti per farsi credere. 















Tratta dalle memorie della vera Plame Fair Game: My Life as a Spy, My Betrayal by the White House, è una pellicola di spionaggio/thriller d'azione con una trama complicata e molto interessante. 
L'intento è lodevole, la storia, a noi pressoché sconosciuta, è giusto sia fatta conoscere a tutto il mondo. 
I protagonisti sono credibili. Naomi Watts e Sean Penn (ancora una volta insieme dopo 21 grammi e The Assassination) sono perfetti: funzionano bene e le loro liti sono appassionanti. 
Il problema però è che non riescono a salvare l'opera. 
La struttura e i toni sono da film di azione alla buona (quasi da telefilm. Anzi, Homeland, per dirne uno con tematiche simili, ha una fattura decisamente migliore), la regia con poco polso e poco curata (come il montaggio), tutto sembra un po' incolore, senza nerbo. 
È il taglio che si è voluto dare ad essere forse sbagliato (ma anche la sceneggiatura). Si è voluto realizzare un qualcosa che arrivasse trasversalmente e ciò ha penalizzato la sua serietà. Una vicenda così grave e così importante si sarebbe meritata ben altro trattamento. 
Doug Liman - il quale aveva diretto il primo Bourne Identity e quindi il genere d'azione dovrebbe essere il suo campo - non è certo un Lumet o un Pollack (anche se quest'ultimo, con The Interpreter* altro spy sempre con Sean Penn, non era stato per niente convincente e più o meno si riscontravano gli stessi difetti). Anche per il ritmo. Parte in modo soporifero e si riprende verso i tre quarti, quando è troppo tardi. 
Carino il mostrare nei titoli di coda il filmato originale di Valerie Plame che testimonia pubblicamente i fatti. Un'altra occasione sprecata per smontare il mito dell'America e parlare di tutti i sotterfugi e gli interessi che vanno a cozzare con gli ideali di cui si fa portavoce. 
Il risultato è un'accozzaglia di generi (ovviamente è anche una biografia e drammatico) e alcune belle riflessioni annaspano, stentano ad emergere per ciò che sono. 
Comunque da vedere per curiosità. Consigliato a metà.


Voto: **1/2




 I veri Plame e Wilson



Il trailer:








Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











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