mercoledì 30 aprile 2014

Philomena, ultimo film di Stephhen Frears basato sulla biografia della vera protagonista curata dal giornalista Martin Sixsmith. Film toccante ma non banale come si potrebbe pensare con una sempre ottima, meravigliosa, intensissima Judi Dench

Oggi vi voglio parlare di un film che ha avuto un buon successo di pubblico e di critica (anche se molti lo ritengono un po' troppo furbo e strappalacrime. Io non sono d'accordo).
Mi sto riferendo a Philomena, l'ultimo lavoro di Stephen Frears.
Ecco la recensione [ATTENZIONE, SPOILER]:




Philomena di Stephen Frears del 2013. Con Judi Dench e Steve Coogan. (94 min. ca.) 
E' la vicenda di Philomena Lee (Dench), irlandese ormai anziana, con una figlia, che si metterà a cercare il figlio Anthony che avrebbe compiuto cinquant'anni. Anthony fu - letteralmente - venduto dal convento di suore di Roscrea, nel quale aveva chiesto aiuto (anzi, dove era stata sbattuta dai genitori) dopo aver saputo di essere rimasta incinta. Lo aiuterà Martin Sixsmith (Coogan) un giornalista disoccupato appena coinvolto in uno scandalo mentre lavorava per Blair e che perciò non ha niente da perdere e tutto da guadagnare con una "storia di vita vissuta" (come la chiama lui). Viaggeranno insieme - con una certa diffidenza - fino a Washington (dato che i bambini venivano adottati praticamente soltanto da americani ricchi. Perfino Jane Russell aveva adottato suo figlio lì) e lì scopriranno che Anthony (poi Michael) aveva fatto carriera come avvocato sotto l'amministrazione di Ronald Reagan, ma che purtroppo è morto per AIDS nel 1995. A questo punto, nonostante tutto, cercheranno di saperne ancora di più e tra visite alla sorella (adottata insieme a lui perché erano inseparabili in convento) e al compagno Peter Olson, verranno a sapere che ha voluto essere seppellito proprio nel giardino del convento in Irlanda e che era andato lui stesso a cercare la sua vera madre (ma ovviamente le suore hanno taciuto, anche con lui come con Philomena). 









Film con numerosi spunti di riflessione sulla fede: Philomena credente e fervente cattolica nonostante tutto e Martin ateo (o meglio, agnostico, come ha avuto da rideire il vero Sixsmith); lei ignorante e sempre gentile con tutti (anche esageratamente), lui acculturato e dai modi bruschi. 
Ed inoltre parla di un argomento spinoso come il maltrattamento delle ragazze madri da parte delle suore che le costringevano a lavorare senza riposo (vedere il famoso Magdalene di Peter Mullan), le facevano partorire senza nessun aiuto nel caso qualcosa andasse storto e se madre e bambino sopravvivevano si vedevano un'ora al giorno finché non venivano dati in adozione. Certo, è tutto molto romanzato (la vera Philomena aveva saputo dalla figlia già in partenza che il figlio era morto e non ha mai fatto il viaggio in America con il giornalista) e vengono usati toni lievi, flashback e scene effettivamente create per enfatizzare ma riescono a colpire comunque senza però risultare stucchevoli. Il resto del film ha dei momenti di commedia anche simpatici (Coogan è un comico) soprattutto durante le conversazioni tra Philomena e Martin nei quali si vuole mettere in evidenza le differenze fra i due e che riescono a smorzare la drammaticità degli eventi. Altre scene potrebbero risultare false e create a tavolino per creare empatia con il pubblico, anzi, probabilmente sarà così, ma sono anche giustificate dal racconto. 



Insomma, è una storia vera tratta dal romanzo del vero Martin Sixsmith (e sceneggiata dallo stesso Coogan insieme a Jeff Pope), bisogna prenderla per quello che è senza aspettarsi chissà cosa. Si sa dove va a parare. Ma in questo caso ci troviamo di fronte ad una pellicola ben fatta, equilibrata, godibile e dalla trama anche non troppo scontata poiché quando sembra arrivare ad un punto ecco che prende un'altra piega. Ho letto critiche pessime non solo sul film ma anche sulle interpretazioni (e guarda caso vengono quasi tutte dagli italiani che hanno l'hanno guardato doppiato): Judi Dench è magistrale nel far trasparire le emozioni anche solo con uno sguardo, davvero in parte nell'interpretare una bigotta che con l'età è diventata però anche un po' saggia, Steve Coogan si è tagliato il personaggio di Martin su misura e si vede. 



Insomma, è uno di quei film che fanno pensare e possono piacere sia a chi odia le vicende strappalacrime e troppo buoniste (come la sottoscritta) ma anche a chi si vuole lasciare un po' emozionare (ma con garbo e la giusta misura). 
Da vedere. Consigliatissimo.


Voto: ***/***1/2











La vera Philomena con la figlia







Il trailer:





Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?








(Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata

martedì 29 aprile 2014

12 anni schiavo, ultimo film (di successo) del regista Steve McQueen vincitore di parecchi premi Oscar (immeritati). Violento, coinvolgente e un po' furbetto con parecchi buchi di sceneggiatura

Oggi vi voglio parlare di un film recente molto duro, un po' furbo e dalla sceneggiatura carente, ma che comunque ha avuto/sta avendo molto successo e merita una visione, non fosse altro per il tema trattato. Mi riferisco a 12 anni schiavo di Steve McQueen.
Ecco la recensione [ATTENZIONE agli SPOILER]:




12 anni schiavo (12 Years a Slave) di Steve McQueen del 2013. Con Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Lupita Nyong'o, Benedict Cumberbatch. Paul Dano, Paul Giamatti, Brad Pitt, Garret Dillahunt, Michael Kenneth Williams. (134 min. ca.)
Film che narra la storia (tratta dalla sua autobiografia) di Solomon Northup (Ejiofor), di Saratoga Springs, uomo libero di colore sposato con due figli e violinista talentuosissimo, viene rapito con l'inganno di un ingaggio durante una fiera e venduto come schiavo. Per dodici anni passerà in più mani: dal gentile William Ford (Cumberbatch) al viscido e tirannico Epps (Fassbender) come raccoglietore di cotone, finché non verrà aiutato dall'abolizionista Samuel Bass (Pitt) che lo aiuterà ad ottenere il certificato per ritornare libero dalla famiglia. Farà causa, senza successo ai suoi rapitori.










Con alcune differenze rispetto all'autobiografia (anche inspiegabili, come l'eliminazione di una figlia e il rapporto sessuale con un'altra schiava non presente nel libro), è una pellicola molto dura con scene fortissime di violenze (fisiche e psicologiche). Le frustate non si contano (il regista ha scelto di mostrare senza indugi gli squarci della carne). Sicuramente è un bel pugno sullo stomaco. Ed è girato benissimo (certe inquadrature sono da applauso), ha una bella fotografia (quando Solomon scrive di notte al lume di candela, è qualcosa di visivamente meraviglioso). Ma è anche un film che ha molti buchi di sceneggiatura (oppure sarà un'inesattezza di post produzione/regia, chi lo sa) che non fa capire molto bene il tempo che passa: la scansione temporale lascia un po' a desiderare, così come certi personaggi che compaiono e poi non ritornano più (come John Tibeats interpretato da Dano o lo schiavista Freeman/Giamatti), oppure li troviamo senza che vengano introdotti. L'ultima parte ne è la prova: il personaggio del costruttore (?)/ Bass interpretato da Brad Pitt appare dal nulla e scompare altrettanto presto (va bene, aveva svolto il suo dovere, ma liquidarlo così non va bene cinematograficamente parlando). 



Gli ultimi minuti sono infatti molto frettolosi, quando invece il resto aveva tempi molto dilatati e riflessivi (con i bei primi piani del protagonista con gli occhi pieni di lacrime e sofferenza repressa). Lupita Nyong'o, vincitrice dell'Oscar come Migliore Attrice Non Protagonista, è stata brava, è vero, ma sinceramente non meritava la statuetta (tanto ha fatto anche il make up, siamo sinceri). Poi appunto si indugia troppo sul dolore (e certo, direte, è fatto per questo, per ricordarci la questione della schiavitù). E fa sorgere un dubbio: Steve McQueen sicuramente avrà sentito moltissimo il tema (essendo di colore, ma non vorrei essere così semplicista), però mi dà l'impressione che ci sia un po' di compiacimento nel realizzare film sempre molto violenti. Non può essere un caso, per quanto sia Shame che Hunger* siano decisamente superiori da questo punto di vista e meno gratuiti. 
Qui tuttavia ci sono un po' troppi stereotipi (i padroni rabbiosi con la bava che cola). Il personaggio di Fassbender (e lui lo interpreta magistralmente) quando deve colpire Patsy (o quando domanda a Solomon di colpirla) è piuttosto sopra le righe, troppo anche per una pellicola del genere. (E il protagonista per quando bravo non convince appieno).





E' stato da molti definito "acchiappa Oscar": non sono totalmente d'accordo. Insomma, siamo lontani a sufficienza dal buonismo in stile Spielberg ed in più è tratto da una storia vera, ma ciò non toglie che molte scene così pesanti emotivamente per lo spettatore siano state create a tavolino. Tante cose non tornano e i personaggi sono piatti, poco approfonditi (la moglie di Epps ne è un esempio). 
Peccato, perché è sicuramente un prodotto che fa riflettere ed è anche ben fatto, ma ha anche parecchi difetti. (Stupendi invece i canti spirituals di gruppo e di lavoro: Roll Jordan Roll, My Lord Sunshine (Sunrise)) E' comprensibile che abbia diviso il pubblico. 
Comunque da vedere assolutamente almeno per curiosità. 

*Mia recensione

Voto: **1/2


















Il trailer:





Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?








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