venerdì 2 maggio 2014

Nebraska, ultimo film di Alexander Payne. On the road (che sa di già visto) con qualche sprazzo di humour e molta malinconia. Profondo e leggero al contempo

Ultima recensione settimanale.
Vi voglio parlare di un altro film recente (e poi non dite che non vi sto abituando bene, dato che io sarei più per il "cinema classico"! :D Ovviamente scherzo!) che mi è piaciuto per l'atmosfera, per il bel B/N, per i personaggi anche se la sotria di per sé è piuttosto banale e già vista.
Mi riferisco a Nebraska, l'ultimo film di Alexander Payne.
Ecco la recensione:




Nebraska di Alexander Payne del 2013. Con Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Bob Odenkirk, Stacy Keach, Devin Ratray. (110 min. ca.)
Nel Montana Woody Grant (Dern), anziano dedito all'alcol e in preda alla demenza senile, crede di aver vinto un milione di dollari alla lotteria quando invece è solo uno specchietto per le allodole per la vendita di riviste. Per ritirare il famigerato premio deve andare a Lincoln in Nebraska. Quando viene trovato varie volte a vagare per questo motivo, la moglie (Squibb) si preoccupa e coinvolge anche il figlio minore David (Forte). Questi, per far in modo di chiudere la faccenda e per chiarirsi le idee sulla sua situazione sentimentale, decide assecondarlo portandolo a Lincoln. Comincerà un viaggio di conoscenza e riscoperta reciproca (non senza problemi). 












Tutto girato in B/N, è un on the road intelligente e meno superficiale di quanto possa sembrare.
In una delle tappe per Lincoln, quando i due protagonisti si fermano nella città natale di Woody e Kate (la madre, che poi si aggiungerà nel viaggio con l'altro figlio), sarà un'occasione per indagare con delicatezza e poesia sul potere della memoria. Bruce Dern è azzeccatissimo per il ruolo (anche se forse, in un contesto simile, era stato molto più convincente Philp Bosco ne La famiglia Savage*) di padre ormai perso e con qualche segreto e sofferenza che l'hanno portato a bere; Will Forte è altrettanto bravo nella parte del figlio sensibile e buono. A June Squibb viene affidato il ruolo comico della storia: una donna scorbutica, che comanda il marito, che ripete che tutte le sue coetanee un tempo erano ragazze facili quando in realtà lo era lei, ma che in fondo vuole bene al marito e lo difende quando ce n'è bisogno. La cosa che colpisce sono proprio i personaggi che crescono e si svelano man mano che la pellicola va avanti. 





Malinconica, che sa di già visto e con situazioni banalotte (ad esempio quando la famiglia vuole indietro soldi che Woody avrebbe prestato a tutti), riesce a piacere perché qua e là c'è qualche guizzo di profondità che evita la leggerezza fine a se stessa. La cosa da contestare - e qui parla chi scrive - è la presenza di un personaggio come quello di Stacy Keach. Non per il personaggio in sé, ma per il fatto che il cattivo/antipatico sia intepretato da un attore con LPS (labiopalatoschisi, meglio conosciuto come labbro leporino). Perché ancora sopravvivono questi stereotipi? 
Ecco, forse il fatto che sia un po' manierato e stereotipato potrebbero essere altri due difetti. Ma se lo si guarda per farsi due risate e per riflettere fa il suo lavoro. Anche perché le atmosfere ci mettono il proprio. Da vedere per curiosità.

*Mia recensione


Voto: **1/2

















Il trailer:





Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?








(Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata

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