venerdì 16 maggio 2014

Monografie - CULT da recuperare: Tempi moderni, capolavoro inarrivabile (non da lui ovviamente) di Charlie Chaplin che con la comicità riesce a parlare di alienazione del lavoro di fabbrica

Oggi continuo la monografia su Charlie Chaplin parlandovi di un altro capolavoro (anzi, chiamarlo così è riduttivo): Tempi moderni.
Ecco la recensione:




Tempi moderni (Modern Times) di Charles Chaplin del 1936. Con Charles Chaplin e Paulette Goddard. (87 min. ca.)
Charlot, operario in una fabbrica (Chaplin) ha un esaurimento nervoso per il lavoro troppo ripetitivo. Viene ricoverato in una clinica e una volta uscito viene coinvolto in una manifestazione di disoccupati e per sbaglio tiene la bandiera portante. Durante la retata viene preso per il capo e viene arrestato. In carcere però blocca la fuga di alcuni malviventi e viene premiato e poi liberato. Adesso deve cercarsi un altro lavoro. Peccato che ogni volta - che sia un lavoro da falegname, da guardia notturna in un grande magazzino, da manutentore di nuovo in fabbrica o come cameriere/cantante-attore in un ristorante - il suo essere maldestro, impacciato e stralunato lo porti a finire in galera. E praticamente sempre insieme a una bella vagabonda orfana ("monella" viene chiamata. Interpretata dalla carismatica Goddard), che considererà (e la cosa è reciproca) la sua compagna. 
Anche alla fine, dopo aver avuto un attimo di successo al ristorante cantando e ballando, per difendere la ragazza e non farla rinchiudere in un istituto per gli orfani (nonostante avesse un lavoro come ballerina là dentro) si azzuffa con i due funzionari e riesce a scappare con lei tornando ad essere un vagabondo. Ma felice e libero di percorrere nuove strade. 







 










Film comico/drammatico che mostra benissimo l'alienazione del lavoro alla catena di montaggio. Inoltre, parla del problema della disoccupazione e del vagabondaggio con scene divertenti ma al contempo molto tristi, amare, poetiche. 
Chaplin fa uso di diverse tecniche di sonoro. Sono presenti dei pezzi di parlato: la voce del capo della fabbrica, la voce registrata degli informatori della macchina automatica per l'alimentazione ma anche i rumori dei nastri della catena di montaggio, i vari avvitamenti, gli ingranaggi. 
Però nel resto del film troviamo i cartelli e le musiche (dello stesso Chaplin), quindi risulta un muto vero e proprio. L'unico momento in cui sentiamo la voce di Charlot è nel finale, quando canta Je cherche après Titine usando un grammelot di francese, spagnolo ed italiano (canzone d'epoca conosciutissima anche in Italia fin dagli anni '20 come Io cerco la Titina). 
Scena finale memorabile ed entrata nell'immaginario con lui e la Goddard che percorrono la strada a braccetto (ma sono tante le gag che hanno fatto scuola).
Capolavoro insuperabile per acume e per aver precorso i tempi. 
Un cult da recuperare assolutamente.


Voto: *****












Il film completo:





Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?








(Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata)   

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