martedì 29 aprile 2014

12 anni schiavo, ultimo film (di successo) del regista Steve McQueen vincitore di parecchi premi Oscar (immeritati). Violento, coinvolgente e un po' furbetto con parecchi buchi di sceneggiatura

Oggi vi voglio parlare di un film recente molto duro, un po' furbo e dalla sceneggiatura carente, ma che comunque ha avuto/sta avendo molto successo e merita una visione, non fosse altro per il tema trattato. Mi riferisco a 12 anni schiavo di Steve McQueen.
Ecco la recensione [ATTENZIONE agli SPOILER]:




12 anni schiavo (12 Years a Slave) di Steve McQueen del 2013. Con Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Lupita Nyong'o, Benedict Cumberbatch. Paul Dano, Paul Giamatti, Brad Pitt, Garret Dillahunt, Michael Kenneth Williams. (134 min. ca.)
Film che narra la storia (tratta dalla sua autobiografia) di Solomon Northup (Ejiofor), di Saratoga Springs, uomo libero di colore sposato con due figli e violinista talentuosissimo, viene rapito con l'inganno di un ingaggio durante una fiera e venduto come schiavo. Per dodici anni passerà in più mani: dal gentile William Ford (Cumberbatch) al viscido e tirannico Epps (Fassbender) come raccoglietore di cotone, finché non verrà aiutato dall'abolizionista Samuel Bass (Pitt) che lo aiuterà ad ottenere il certificato per ritornare libero dalla famiglia. Farà causa, senza successo ai suoi rapitori.










Con alcune differenze rispetto all'autobiografia (anche inspiegabili, come l'eliminazione di una figlia e il rapporto sessuale con un'altra schiava non presente nel libro), è una pellicola molto dura con scene fortissime di violenze (fisiche e psicologiche). Le frustate non si contano (il regista ha scelto di mostrare senza indugi gli squarci della carne). Sicuramente è un bel pugno sullo stomaco. Ed è girato benissimo (certe inquadrature sono da applauso), ha una bella fotografia (quando Solomon scrive di notte al lume di candela, è qualcosa di visivamente meraviglioso). Ma è anche un film che ha molti buchi di sceneggiatura (oppure sarà un'inesattezza di post produzione/regia, chi lo sa) che non fa capire molto bene il tempo che passa: la scansione temporale lascia un po' a desiderare, così come certi personaggi che compaiono e poi non ritornano più (come John Tibeats interpretato da Dano o lo schiavista Freeman/Giamatti), oppure li troviamo senza che vengano introdotti. L'ultima parte ne è la prova: il personaggio del costruttore (?)/ Bass interpretato da Brad Pitt appare dal nulla e scompare altrettanto presto (va bene, aveva svolto il suo dovere, ma liquidarlo così non va bene cinematograficamente parlando). 



Gli ultimi minuti sono infatti molto frettolosi, quando invece il resto aveva tempi molto dilatati e riflessivi (con i bei primi piani del protagonista con gli occhi pieni di lacrime e sofferenza repressa). Lupita Nyong'o, vincitrice dell'Oscar come Migliore Attrice Non Protagonista, è stata brava, è vero, ma sinceramente non meritava la statuetta (tanto ha fatto anche il make up, siamo sinceri). Poi appunto si indugia troppo sul dolore (e certo, direte, è fatto per questo, per ricordarci la questione della schiavitù). E fa sorgere un dubbio: Steve McQueen sicuramente avrà sentito moltissimo il tema (essendo di colore, ma non vorrei essere così semplicista), però mi dà l'impressione che ci sia un po' di compiacimento nel realizzare film sempre molto violenti. Non può essere un caso, per quanto sia Shame che Hunger* siano decisamente superiori da questo punto di vista e meno gratuiti. 
Qui tuttavia ci sono un po' troppi stereotipi (i padroni rabbiosi con la bava che cola). Il personaggio di Fassbender (e lui lo interpreta magistralmente) quando deve colpire Patsy (o quando domanda a Solomon di colpirla) è piuttosto sopra le righe, troppo anche per una pellicola del genere. (E il protagonista per quando bravo non convince appieno).





E' stato da molti definito "acchiappa Oscar": non sono totalmente d'accordo. Insomma, siamo lontani a sufficienza dal buonismo in stile Spielberg ed in più è tratto da una storia vera, ma ciò non toglie che molte scene così pesanti emotivamente per lo spettatore siano state create a tavolino. Tante cose non tornano e i personaggi sono piatti, poco approfonditi (la moglie di Epps ne è un esempio). 
Peccato, perché è sicuramente un prodotto che fa riflettere ed è anche ben fatto, ma ha anche parecchi difetti. (Stupendi invece i canti spirituals di gruppo e di lavoro: Roll Jordan Roll, My Lord Sunshine (Sunrise)) E' comprensibile che abbia diviso il pubblico. 
Comunque da vedere assolutamente almeno per curiosità. 

*Mia recensione

Voto: **1/2


















Il trailer:





Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?








(Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata

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